L’iniziativa dell’UDC non è la soluzione per le lavoratrici e i lavoratori

Il 29 settembre prossimo saremo chiamati a pronunciarci sull’iniziativa dell’UDC denominata “Per una migrazione moderata”, una nuova fase della politica di estrema destra contro l’immigrazione per distogliere l’attenzione del popolo e mascherare i danni del capitalismo.

La proposta mira a rilanciare le discussioni tra il Consiglio Federale e l’Unione Europea attraverso la messa in discussione della libera circolazione e soprattutto delle misure d’accompagnamento. L’UDC si dice infatti insoddisfatto dell’applicazione della sua iniziativa “Contro l’immigrazione di massa” approvata dal popolo il 9 febbraio del 2014. Ciò significa che già oggi, la Svizzera prevede nella sua Costituzione la gestione indipendente dell’immigrazione attraverso l’introduzione di contingenti.

Sulla carta, l’obiettivo di questa nuova iniziativa è quello di bloccare l’applicazione da parte della Svizzera di qualsiasi forma di trattato internazionale presente o futuro che preveda una qualunque forma di libera circolazione delle persone fra vari paesi.

Ufficialmente, l’obiettivo è di liquidare l’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE. Da più di 25 anni, l’UDC riprende la retorica Schwarzenbach: “Se i lavoratori svizzeri s’impoveriscono o si trovano in disoccupazione, espelliamo qualche straniero”. Questa “teoria” fortemente presente ha fatto crescere una coscienza nazionalista fra il popolo svizzero a scapito di una coscienza di classe, dando nascita a delle illusioni sulla risoluzione di problemi quali la disoccupazione e l’erosione dei salari, generando sempre più frustrazione tra la classe operaia.

In quanto comunisti, non è evidente lottare contro questa iniziativa poiché noi siamo contro l’UE. Se la libera circolazione con l’UE dovesse cadere, gli accordi bilaterali firmati fra la Svizzera e gli Stati dell’UE, dei quali si parla molto ultimamente, cadrebbero anch’essi, almeno in teoria. È per difendere quest’ultimi che gli oppositori all’iniziativa partendo dal Consiglio Federale, assieme a sindacati, associazioni padronali, partiti di centro e di sinistra al governo, spendono tutta la loro energia. La ministra Karin Keller-Sutter ha lei stessa sottolineato in una recente conferenza stampa che tutti gli accordi bilaterali sono minacciati, affermando al contempo che l’immigrazione sarà limitata allo “stretto necessario”. La ministra ammette quindi che già oggi, la logica della gestione della migrazione segue il solco tracciato negli anni ’70, secondo cui il lavoratore straniero che non è più necessario viene espulso, condannando gli stranieri a dei contratti di lavoro e a dei permessi di soggiorno sempre precari.

Noi ci smarchiamo dalla maggioranza degli oppositori all’iniziativa poiché non accettiamo gli accordi bilaterali che la Svizzera ha firmato con l’UE. Infatti, questi accordi favoriscono unicamente i padroni, permettendo loro di approfittare di un mercato liberale e senza diritti, e in nessun modo essi sono favorevoli alle classi popolari, senza distinzione tra poveri stranieri e poveri svizzeri. Ma ci smarchiamo anche dagli altri oppositori perché non vorremmo mai che il rifiuto di questa Iniziativa si trasformi in un “Sì” all’accordo quadro con l’UE.

Per contro, siamo coscienti che l’Iniziativa dell’UDC non è nient’altro che mera propaganda provocatrice che permette all’UDC blocheriana de cavalcare il tema della migrazione e delle relazioni con l’UE come ha sempre fatto, creando l’illusione di voler migliorare le condizioni di lavoro. Nella pratica però, l’applicazione di questa Iniziativa, garantirebbe soprattutto alle aziende un sistema nel quale sarebbero loro a decidere le politiche migratorie della Confederazione secondo i loro stessi bisogni.

Il POP/PSdL si oppone a questa Iniziativa dell’UDC perché le lavoratrici e i lavoratori svizzeri hanno bisogno di diritti nei luoghi di lavoro e non di una retorica razzista. Durante decenni, l’UDC ha voluto farci credere che la soluzione stava nella chiusura delle frontiere. Il risultato è che il distacco tra gli svizzeri ricchi e quelli poveri è sempre maggiore, è quindi ora che le lavoratrici e i lavoratori svizzeri si rendano conto che assomigliano molto di più a quelli stranieri che agli svizzeri ricchi.

Se vogliamo proteggere tutte le lavoratrici e i lavoratori che vivono nel nostro Paese, è una nuova legge sul lavoro che dobbiamo implementare, con una vera protezione contro il licenziamento e un salario minimo. Bisogna mettere fine alla precarietà dei permessi di soggiorno e, in maniera generale, bisognerebbe anche rinegoziare gli accordi che legano la Svizzera all’UE e agli altri Paesi del mondo, per mettere fine al libero scambio e al dumping salariale, sociale e ambientale. Per stabilire una cooperazione internazionale fondata sul rispetto della sovranità di ognuno e la solidarietà fra i popoli.